Estendibilita’ del pegno su azioni o quote di s.r.l. alle nuove partecipazioni sottoscritte dal socio-debitore pignoratizio in sede di aumento di capitale
La questione in oggetto, prima della Riforma del 2003 (d.lgs. 6/2003), era oggetto di dibattito soprattutto dottrinale, avente ad oggetto il caso del pegno ma, soprattutto, dell’usufrutto delle azioni.
L’unica previsione positiva sul tema è stata introdotta dalla citata Riforma ed è quella dell’art. 2352, co. 3, cod. civ..
Occorre distinguere 1. i casi di aumento del capitale c.d. gratuito, di cui all’art. 2442 cod. civ., ossia in cui vengono passate a capitale riserve o altri fondi disponibili in bilancio, da quelli 2. di aumento del capitale c.d. a pagamento, cui può conseguire l’attribuzione del diritto di opzione ai soci sulle nuove partecipazioni, in cui effettivamente si verifica un incremento del patrimonio a seguito di nuovi conferimenti.
1. Rispetto alla prima ipotesi, l’art. 2352, co. 3, cod. civ. cit., oggi prevede, in tema di s.p.a., l’estensione del pegno, usufrutto o sequestro alle azioni di nuova emissione, assegnate gratuitamente agli azionisti in proporzione a quelle dagli stessi già possedute.
Trattasi di previsione inserita nel testo dell’articolo in questione dalla Riforma del 2003, che ha positivizzato quella che era l’interpretazione dottrinale prevalente nel vigore dell’art. 2352 previgente. Prima della Riforma, nella stessa ottica di quanto ora previsto dal Codice, Tribunale di Udine 22.11.1983 aveva statuito che è legittima e può essere omologata la deliberazione di aumento di capitale, attuata utilizzando riserve straordinarie disponibili, con la quale si dispone che il diritto di usufrutto gravante sulle precedenti azioni venga proporzionalmente esteso alle azioni gratuite di nuova emissione.
La derogabilità dell’art. 2352, co. 3 in questione è controversa. Nel senso dell’inderogabilità è la Massima H.I.23 del 2006 del Comitato Notarile Triveneto.
La norma in esame è ritenuta applicabile senza difficoltà anche alle s.r.l., in virtù del richiamo di cui all’art. 2471-bis cod. civ..
2. Sulla seconda ipotesi si era registrato il conflitto dottrinale accennato sopra (Giuseppe Ferri per l’estensione, Walter Bigiavi per la non estensione e Alberto Asquini per una tesi intermedia).
In giurisprudenza, Tribunale di Roma 12.04.1943 aveva statuito la non estensione dell’usufrutto alle azioni optate o al ricavato dalla vendita del diritto di opzione.
In epoca più recente, un decreto cautelare del Tribunale di Monza, 10.07.2000, ha diversamente statuito che, in ipotesi di aumento del capitale sociale a pagamento, il pegno eventualmente gravante sulle azioni si estende ai titoli optati ovvero al ricavato dalla vendita del diritto di opzione.
Anche a seguito della Riforma in assenza di previsioni normative espresse sul punto, in dottrina, interpretando l’art. 2352, co. 2, cod. civ., come modificato dalla Riforma, si ritiene che il pegno sulle azioni non si estenda a quelle sottoscritte dal socio-debitore in sede di opzione sull’aumento di capitale (Poli; Campobasso).